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1990

Forse è proprio vero che il tempo migliora il ricordo, che con il passare degli anni le cose vissute assumono significati che originariamente non avevano o non si coglievano.

Probabilmente in quegli anni dal 1970 al 1975 non ci divertivamo poi così tanto, inchiodati per ore ai banchi, e forse non erano così entusiasmanti i pomeriggi trascorsi a dare un sonnolento sguardo ai libri.

Eppure oggi, inchiodato dall'altra parte della cattedra a infliggere ad altri le medesime pene, non posso fare ameno di ripensare, come in un "Italian Graffiti", ai volti dei compagni di classe intenti a sonnecchiare con eleganza, a copiare il compito per la lezione successiva, ad architettare qualche perfido scherzo, a sbirciare tra i grembiuli neri le gambe della più carina... Già, perché dell'esperienza di studente delle superiori, è inutile nasconderlo, le prime cose che di solito vengono in mente sono gli aspetti che banalmente si definiscono goliardici e che rimangono invece in quel cassetto della memoria dove conserviamo i momenti più umani, più gioiosi, più vivi della nostra esistenza.

Ma lasciando da parte i "ti ricordi quella volta che...", bisogna riconoscere che si studiava anche e che a volte si stava pure attenti. Certo forse non eravamo sempre meticolosi e diligenti, ma sicuramente animati dalla voglia di capire e soprattutto di discutere: in quegli anni, fuori e dentro la scuola, era molto forte il desiderio di "parlarne", di scambiarsi delle idee, di ringhiarsi addosso le proprie opinioni, con un po' di furore dogmatico, forse, ma con tanta passione. Schopenhauer e Thoeni, Dante e la Juventus, il Vietnam e il sessantotto erano intercambiabili temi di vivaci e divoranti discussioni, dove l'avere dei dubbi e il porsi un problema si accompagnavano alla segreta speranza di cambiare il mondo.

Era un modo di stare insieme che si diffondeva anche fuori dalla scuola: sorgevano infatti, pure in realtà periferiche come la nostra, gruppi giovanili, gruppi di opinione, cooperative, aggregazioni di vario tipo, che pur nella diversità di obbiettivi e di estrazione ideologica, dal mondo cattolico all'estrema sinistra, erano accomunati dalla medesima radice "politica": la curiosità, la voglia di capire i problemi del proprio tempo e l'esigenza di trovare delle soluzioni, di impegnarsi per il cambiamento. L'elemento più importante da considerare è che spesso le medesime persone facevano parte di più di un gruppo di questo eterogeneo e nuovo associazionismo, spesso al di fuori delle forme tradizionali di aggregazione del mondo cattolico e dei partiti: si faceva più intènso perciò lo scambio ideologico e fecondo l'incontro delle diversità.

Tutti questi fermenti si ripercuotevano nel mondo della scuola e non è sicuramente un caso che tanto nel Liceo Scientifico, come negli altri Istituti superiori, i giovani più attivi politicamente, i "contestatori", quelli insomma che organizzavano le assemblee dei rappresentanti e gli scioperi, che stampavano i volantini e li diffondevano a volte anche clandestinamente all'interno delle scuole, provenissero da questa composita, ma organica realtà. E non è un caso che, proprio per le relazioni che sussistevano, le diverse leadership studentesche all'interno delle diverse scuole, in special modo tra Borgosesia e Varallo, fossero collegate tra loro e riuscissero a coordinare le iniziative, superando problemi organizzativi non indifferenti.

Il Liceo borgosesiano veniva considerato nel movimento studentesco di allora un istituto statico e conservatore, nel senso che più sporadicamente di altri e con maggiori riserve aderiva alle "iniziative di lotta". In effetti dal punto di vista organizzativo interno mancava alla componente studentesca un nucleo stabile di rappresentanti che orientasse e rendesse incisiva la protesta. Proprio in questi anni però, grazie al generale cambiamento di clima nel mondo giovanile, la situazione si fece più dinamica e "calda": anche il Liceo si collegò con il movimento studentesco valsesiano, partecipando alle iniziative che venivano collettivamente intraprese; ancor più significativo il fatto che anche all'interno di questo istituto si costituì una rappresentanza stabile degli studenti che poteva riunirsi periodicamente nei locali della scuola e che veniva considerata quale interlocutore valido dall'autorità scolastica.

Su queste acque agitate piovvero i Decreti Delegati e il processo di apertura e democratizzazione della scuola; e arrivò pure la legge che estendeva il voto ai diciottenni. Con questi importanti cambiamenti lo stimolo a partecipare attivamente alla vita della scuola e della comunità civile si potenziò ulteriormente: per molti la scuola di quegli anni fu probabilmente l'entusiasmante scoperta di essere parte di una società in cui c'è molto da discutere, ma anche molto da fare, di una società di cui "ci importa", di una società che ha bisogno anche dei più giovani.

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